Saranno i momenti di crisi economica oppure la maggiore consapevolezza dell’importanza di controllare i costi di gestione, ma accade sempre più frequentemente che alcuni titolari di imprese o liberi professionisti, al fine di utilizzare al meglio le proprie strutture impiantistiche ricorrano alla soluzione di consentire ad altri colleghi di utilizzare le loro attrezzature durante i momenti di basso utilizzo da parte loro o di condividerle organizzandosi fra essi e ciò al fine di subire meno l’incidenza dei costi fissi di struttura.
E’ il caso dei dentisti, dei radiologi, ma anche dei saloni di acconciatori, estetisti, e così via senza limiti legati alle singole tipologie di attività, siano di impresa oppure libero-professionali.
Al fine di impiegare questa capacità produttiva in eccesso, si è diffuso il ricorso all’affitto di tali spazi, siano essi vuoti o anche con la presenza delle specifiche attrezzature idonee allo svolgimento delle varie attività.
Si tratta di un particolare contratto con il quale il titolare concede in uso a terzi una parte dell’immobile e delle attrezzature verso un corrispettivo.
Con uno specifico intervento di consulenza giuridica, in data 21 giugno 2013, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in relazione al trattamento ai fini delle imposte indirette da applicare all’affitto di una poltrona.
Interpretando tale intervento, si ritiene che quanto indicato nel citato documento possa essere applicato in modo estensivo ad altre fattispecie.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nel caso esaminato, la fattispecie dell’affitto di una poltrona appare riconducibile allo schema della locazione di un immobile strumentale.
Il soggetto che esercita l’attività, infatti, può svolgerla per effetto della messa a disposizione della porzione di immobile strumentale. Rispetto a quest’ultima, rivestono solo un ruolo accessorio e complementare la disponibilità della poltrona e delle attrezzature nonché l’erogazione dei servizi richiesti per l’esercizio della predetta attività.
Sulla base di questo inquadramento:
ai fini IVA, l’operazione appare rientrare fra le prestazioni di servizi esenti di cui all’art. 10 comma 1 n. 8 del DPR 633/72, salvo la facoltà di optare per l’imponibilità manifestata espressamente dal concedente nel contratto;
ai fini dell’imposta di registro, il contratto di locazione è soggetto a registrazione in termine fisso con applicazione dell’imposta nella misura proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 5 comma 1 lett. a-bis) della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86.
Tuttavia, l’Agenzia ha precisato che la disciplina IVA relativa alle locazioni di immobili strumentali non è applicabile qualora il contratto preveda, a carico del proprietario della struttura, non solo l’obbligo di mettere a disposizione della controparte uno spazio determinato, ma anche quello “di rendere servizi ulteriori che qualifichino la causa del contratto e che non si traducano in semplici prestazioni accessorie alla locazione”.
Quindi, laddove siamo in presenza di un contratto caratterizzato da una pluralità di prestazioni finalizzate a supportare lo svolgimento di un’attività lavorativa, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che trattasi di una prestazione di servizi generica avente ad oggetto la messa a disposizione di beni. Detta operazione risulta da assoggettare ad IVA con aliquota del 22%, non rientrando fra le prestazioni di servizi esenti di cui all’art. 10 comma 1 n. 8 del DPR 633/72. In tale circostanza l’imposta di registro sarebbe dovuta in misura fissa (euro 200), ma solo in caso d’uso, ovvero laddove il contratto debba essere utilizzato da uno dei due soggetti per varie ragioni (contenzioso, necessità di dimostrare a terzi la disponibilità degli spazi, autorizzazioni varie, ecc.).