È stato pubblicato la scorsa settimana il Decreto n.87 del 12 luglio 2018, meglio noto come “Decreto Dignità”, che contiene alcune modifiche alla disciplina dei contratti di lavoro a termine. Appare evidente che tali modifiche interesseranno anche le proroghe e rinnovi dei contratti già in corso.
Vediamo i punti essenziali:

Durata: scende da 3 a 2 anni la durata massima dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore. In caso di superamento del termine di 24 mesi si verificherà la conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato. I lavoratori avranno più tempo per contestare la legittimità del contratto (180 giorni dalla cessazione).
Proroghe: il numero massimo di proroghe passa da 5 a 4.
Causale: dopo il primo rinnovo, nel caso che la durata del contratto sia superiore a 12 mesi, torna l’obbligo di indicare la causale. Tale obbligo vale anche per i rapporti tuttora in corso, sia per le proroghe che per i rinnovi. Sono possibili due tipologie di causali: la prima per esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria (ad esempio nuovi ordinativi o commesse non previste). La seconda causale riguarda necessità temporanee e oggettive, estranee all’attività ordinaria o necessità di sostituire altri lavoratori che magari sono in ferie o in malattia. Nessuna causale è invece prevista per i contratti stagionali.
I costi: con un eventuale rinnovo, il contratto a termine diventa più caro. Infatti il Decreto prevede un incremento contributivo dello 0,50% per ogni rinnovo o proroga del contratto. Non si comprende quale possa essere la ratio legis di tale norma, dal momento che già il Decreto pone un limite temporale e un altro in termini di obbligatorietà della causale, anche perché questa maggiorazione va ad aggiungersi a quella già esistente per i contratti a termine dell’1,4%.

Dott. Maurizio Scalia