ASTENSIONE DAL LAVORO NEI 5 MESI SUCCESSIVI AL PARTO
Con la circolare n. 148 del 12 dicembre 2019, l’Inps ha finalmente chiarito le condizioni da rispettare per poter fruire del congedo di maternità flessibile, tutto dopo il parto.
Tale norma era stata prevista già un anno fa, nella precedente legge di bilancio, ma mancava la circolare attuativa dell’Inps.
Pertanto dal 2020, in alternativa alle modalità di fruizione “ordinaria”, sarà possibile per le madri astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, entro i 5 mesi successivi allo stesso. Va sottolineato che questa possibilità è interamente ed esclusivamente rimessa alla scelta della madre, e con i limiti che vediamo di seguito.
Per esercitare tale la facoltà il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e, ove presente, il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro devono attestare – a richiesta della madre – l’assenza di pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro fino alla data presunta del parto ovvero fino all’evento del parto qualora dovesse avvenire in data successiva a quella presunta.
L’INPS, nella circolare n. 148/2019 – emanata il 12 dicembre scorso ad un anno dalla introduzione legislativa della facoltà – spiega che le certificazioni che contengono il riferimento solo alla data presunta del parto consentono lo svolgimento dell’attività lavorativa fino al giorno antecedente alla data presunta del parto, con conseguente inizio del congedo di maternità dalla data presunta stessa e per i successivi cinque mesi.

CONGEDO OBBLIGATORIO DEL PADRE
Il congedo obbligatorio del padre lavoratore pari a 5 giorni per il 2019, (elevabili a 6 in sostituzione della madre in relazione al medesimo periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante) è stato prorogato per il 2020, con durata elevata a 7 giorni.

RITENUTE E COMPENSAZIONI IN APPALTI E SUBAPPALTI
A decorrere dal 1° gennaio 2020, gli imprenditori, i professionisti e gli altri soggetti sostituti d’imposta (ad esempio i condomini), che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualsiasi forma, sono tenuti a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici (che a loro volta sono obbligate a rilasciarla) copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali operate sulle retribuzioni dei lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, entro i 5 giorni lavorativi successivi al termine fissato per l’effettuazione del pagamento delle ritenute stesse.
Nel caso l’impresa appaltatrice o affidataria, entro i 5 giorni lavorativi successivi al termine fissato per l’effettuazione del pagamento delle ritenute, non abbia inviato al committente la copia delle deleghe di pagamento delle ritenute fiscali e le informazioni relative ai lavoratori, oppure il versamento delle ritenute fiscali risulti omesso o insufficiente rispetto ai dati risultati dalla documentazione trasmessa al committente,
il committente dovrà sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati, fino a quando perdura l’inadempimento, fino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio, ovvero per un importo pari alle ritenute non versate rispetto ai dati risultati dalla documentazione trasmessagli.
Tali obblighi non trovano applicazione se le imprese appaltatrici, affidatarie e subappaltatrici comunicano al committente stesso, allegando la relativa certificazione, la sussistenza dei seguenti requisiti nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista per la trasmissione della copia delle deleghe di pagamento delle ritenute fiscali e delle informazioni relative ai lavoratori:
– risultino in attività da almeno 3 anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel periodo d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio versamenti complessivi registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
– non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’IRAP, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali i termini di pagamento siano scaduti o siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Dette previsioni non applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta la decadenza.

TASSAZIONE DEI BUONI PASTO
La Legge di Bilancio è intervenuta sul regime fiscale dei buoni pasto, elevando da 7 a 8 euro la quota non sottoposta a imposizione ove siano erogati in formato elettronico e, allo stesso tempo, riducendo da 5,29 a 4 euro la quota che non concorre alla formazione del reddito di lavoro, ove siano erogati in formato diverso da quello elettronico.